Dagli anni di Craxi al cancello sbarrato: la parabola (causa Covid) dell’hotel Raphaël

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Chiude i battenti lo storico albergo romano utilizzato come residenza dal segretario socialista che nel 1993 fu fatto oggetto del lancio di monetine

da parte di una folla inferocita, l’albergo è stato il teatro di una storia lunga più di mezzo secolo. Che parte da molto prima che il leader socialista finisse per abitare i quarantacinque metri quadri dell’attico e della terrazza, che negli anni a venire sono stati trasformati in un ristorante. Un ristorante che è stato attivo fino a pochi mesi fa, meta dei clienti dell’albergo e non solo.

Undici anni prima, al pianoforte del Raphaël, era nato uno dei capolavori più popolari di bossa nova,firmata da Antonio Carlos Jobim. «L’albergo era il ritrovo delle celebrità brasiliane, che spesso dormivano là per la vicinanza con la loro ambasciata», racconta Bobo Craxi, venuto a conoscenza dell’aneddoto dai diretti interessati.

L’albergo, negli anni a venire, avrebbe ospitato il drammaturgo Arthur Miller e Simone de Beauvoir, presenze fisse durante i loro viaggi in Italia. Poi, all’inizio degli anni Settanta, arrivano i socialisti, a cominciare da Francesco De Martino. Dormono al Raphaël Tonino Caldoro, papà di Stefano, e il calabrese Nino Neri, che diventa ufficiale di collegamento tra Craxi e Giacomo Mancini. «Neri alle volte si metteva a un tavolo vicino a mio papà per origliare. E poi andava a spifferare qualcosa ai giornalisti a Montecitorio», sussurra Bobo Craxi.

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