Tra i candidati in Puglia indagati e imputati, trasformisti e dinosauri della politica: quasi in 1000 corrono per un seggio in Regione - Il Fatto Quotidiano

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Tra i candidati in Puglia indagati e imputati, trasformisti e dinosauri della politica: quasi in 1000 corrono per un seggio in Regione

Pierfrancesco Bruni

. Una dose doppia per la lady di ferro della destra meridionalista: ha annunciato che non voterà Raffaele Fitto, delfino ripudiato, e nemmeno la sua nuora. La apprezza, certo, ma la moglie di suo figlio ha deciso di correre insieme ad Emiliano. E a sinistra, l’ex sindaca di Lecce e ministra dell’Agricoltura, non si sposterà mai.In queste settimane di pandemia noi giornalisti, se facciamo con coscienza il nostro lavoro, svolgiamo un servizio pubblico.

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Tra libertà e sicurezzaTra libertà e sicurezzaIn questi mesi abbiamo fatto l’esperienza collettiva di due diversi conflitti nel campo dei diritti. Il primo riguarda un conflitto tra diritti –tra il diritto alla salute (alla sicurezza) e il diritto alla libertà, all’educazione, al lavoro, alla mobilità. Il secondo riguarda il conflitto tra “aventi diritto”: rispetto alle cure, rispetto alla protezione. Se il modo in cui questi conflitti si sono manifestati è nuovo, la potenziale conflittualità connessa ai diritti e all’avere diritti non lo è. Come ci ha insegnato Hobbes, quello tra libertà e sicurezza è un conflitto originario al vivere in società, pur declinato in modo sempre diverso. La soluzione non sta nell’optare per l’una o l’altro senza mediazioni, ma nel cercare l’equilibrio di volta in volta più ragionevole, più condiviso, meno lesivo dell’una o dell’altra. Nella consapevolezza che si tratta sempre di un equilibrio provvisorio e rinegoziabile, i cui costi vanno riconosciuti. Vale a livello collettivo, tra cittadini e Stato, tra collettività e i propri aderenti. Ma vale anche nelle relazioni interpersonali. Si pensi, ad esempio, alle relazioni genitori-figli, quando questi ultimi sono ancora in crescita, ove la preoccupazione per la loro sicurezza deve essere temperata da quella per lo sviluppo della loro autonomia e libertà. Oppure si pensi alle relazioni di cura verso persone fragili, dove troppo spesso si trascura l’importanza della libertà (oltre che del diritto alla dignità) per lo stesso stare bene. Due temi che si sono presentati in tutta la loro drammaticità in questi mesi. Un caso tutto moderno, mi sembra, di conflitto tra diritti, che di nuovo ha a che fare con la sicurezza, è quello tra diritto alla salute e diritto al lavoro. Può presentarsi nel caso specifico di una fabbrica o di una località, ma può diventare un fenomeno strutturale in un’epoca di politiche ambientali. Queste possono costituirne (forse) la soluzione nel medio-lungo periodo, ma non sempre nel breve e non per tutti. Chi salva
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Giorgio Rivetti: “I nostri vini tra Langa e Astigiano, un successo anche con il Covid”Giorgio Rivetti: “I nostri vini tra Langa e Astigiano, un successo anche con il Covid”ROBERTO FIORI La prima vendemmia nella memoria di Giorgio Rivetti risale al 1963. «Avevo sei anni: il primo ottobre iniziavo ad andare a scuola e in campagna, a Castagnole Lanze, si iniziava a raccogliere la barbera. Tutti insieme tra i filari lo stesso giorno, senza tante analisi. A quell’epoca decideva il parroco e se il tuo vicino incominciava a vendemmiare, lo facevi anche tu. Ricordo con tenerezza quei giorni scanditi da scuola e vigna, insieme con i miei genitori e i tre fratelli maggiori, Giovanna, Carlo e Bruno». Sessant’anni dopo, la famiglia Rivetti è a capo di una delle più solide e rinomate realtà vitivinicole sparse tra Langa, Astigiano e Toscana: La Spinetta a Castagnole Lanze, La Spinetta Campé a Grinzane Cavour, Contratto a Canelli e Casanova della Spinetta a Terricciola, tra Pisa e Volterra. Oltre 300 ettari di vigneto - gli ultimi arrivati sono 30 ettari acquistati nel 2018 sui Colli Tortonesi per lanciarsi nell’avventura del Timorasso - e una produzione di un milione di bottiglie divise tra il dolce Moscato d’Asti e lo spumante Alta Langa, i grandi rossi piemontesi Barbera, Barolo e Barbaresco, il Chianti toscano e gli altri figli del Sangiovese. E un marchio inconfondibile in etichetta: il Rinoceronte ritratto minuziosamente da Dürer nel 1515 senza averne mai visto uno dal vero, simile alla capacità e alla determinazione del contadino di concretizzare un’idea. La prima vendemmia da protagonista? «È stata nel 1977. Avevo appena finito la Scuola Enologica e mio padre, che fino ad allora aveva sempre venduto le uve, ci disse: è l’ora di fare il salto, dovete iniziare a imbottigliare. Così abbiamo avviato la produzione di Moscato, Bricco Quaglia e Biancospino, che sono stati i primi moscati in Italia prodotti da un singolo vigneto. Il primo rosso è arrivato nel 1985, la Barbera Cà di Pian seguita nel 1989 dal Pin. Nel frattempo abbiamo costruito la nuova cantina a Castagnole, chiedendo un prestito alla banca: gli interessi erano al diciotto per cento
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