Le protesta con le pentole che oscura il discorso del re di Spagna. Felipe contestato dalle finestre
«Ora dobbiamo resistere, sopportare». Parlava alla nazione, il re Felipe VI ma in fondo anche a sé stesso. Il re di Spagna ieri sera ha tenuto il suo primo discorso ufficiale dall’inizio dello stato d’allerta: «Questo virus non ci farà soccombere. Al contrario, ci renderà più forti come società».
Una cifra enorme coperta con prestanomi e fondazioni di natura opaca, parte della quale sarebbe stata girata alle sue amanti. Questi soldi, secondo i giudici, sarebbero frutto del lavoro di mediazione svolto dall’allora sovrano in un appalto miliardario per la costruzione della linea di alta velocità tra La Mecca e Medina, finito in mano a un consorzio di ditte spagnole.
Può il capo dello Stato essere inseguito da queste ombre? Ovviamente no, così Felipe domenica scorsa ha pubblicato il comunicato con il quale di fatto scaricava il padre, per giunta con parole molto dure, implicite ed esplicite. Per difendere il prestigio dell’istituzione, insomma, è toccato toglierlo al re emerito.
Basterà per salvare la monarchia? La Spagna ora ha ben altro a cui pensare, ma tutte quelle pentole lasciano pensare che il discorso di Felipe non allontani di un millmetro i cattivi presagi per la sua famiglia.
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