In piazza San Pietro la prima Via Crucis del Papa senza fedeli [aggiornamento delle 22:58]
CITTÀ DEL VATICANO. "Dopo ventinove anni di galera non ho ancora perduto la capacità di piangere, di vergognarmi della mia storia passata, del male compiuto", scrive un detenuto sottoposto al 41-bis. "È stato come se mi avessero rotto la schiena: il mio lavoro è diventato l’appiglio per una condanna infamante", spiega poco dopo un altro detenuto.
Il percorso della Via Crucis inizia nei pressi dell’obelisco, la piazza deserta, il silenzio di un cielo trapuntato di stelle, tante fiaccole a terra a indicare il cammino. Francesco osserva dal sagrato, in cima alla scalinata denominata “ventaglio”. Ancora una volta è da solo, poco sotto il crocifisso di San Marcello guarda verso di lui. Al Crocifisso è collocata la dodicesima stazione.
Nella III stazione una persona in carcere racconta che la sua caduta, la prima, e' stata la sua fine. Dopo una vita difficile in cui non si era accorto che il male gli stava crescendo dentro, ha tolto la vita ad una persona. "Una sera, in un attimo, come una valanga - scrive - mi si sono scatenate contro le memorie di tutte le ingiustizie subite in vita. La rabbia ha assassinato la gentilezza, ho commesso un male immensamente piu' grande di tutti quelli che avevo ricevuto".
Nella VII stazione un detenuto, colpevole di spaccio, che ha trascinato con se' in prigione tutta la sua famiglia, prova un'infinita vergogna di se'. Scrive: "Solo oggi riesco ad ammetterlo: in quegli anni non sapevo quello che facevo. Adesso che lo so, con l'aiuto di Dio, sto cercando di ricostruire la mia vita". L'idea che il male continui a comandare la sua vita gli e' insopportabile, e' diventata questa la sua via crucis.
Come nella X stazione viene ricordato "Gesu' spogliato delle sue vesti" così un'educatrice vede tanti dentro il carcere spogliati anche della dignita' e del rispetto di se' e degli altri. Sono uomini e donne "esasperati nella loro fragilita', spesso privi del necessario per comprendere il male commesso. A tratti, pero', assomigliano a dei bambini appena partoriti che possono ancora essere plasmati".
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